Apr 7 2014
Gregg Braden – Cinque antichi specchi dei rapporti umani- II° specchio
CINQUE ANTICHI SPECCHI DEI RAPPORTI UMANI
Primo specchio: Riflessi del momento presente
Secondo specchio: Riflessi di ciò che giudichiamo nel presente
Terzo specchio: Riflessi di ciò che abbiamo perso, ceduto, o ci siamo
fatti portare via
Quarto specchio: Riflessi della nostra Notte oscura dell’anima
Quinto specchio: Riflessi del nostro più grande atto di Compassione
In generale, gli specchi più ovvi vengono riconosciuti per primi, permettendo al potere di quelli più profondi e impalpabili di emergere e di manifestarsi.
Nei paragrafi che seguono, esploreremo i cinque specchi dei rapporti umani,
partendo dal più ovvio per giungere al più impercettibile. La soluzione di
più estesa forma di guarigione, nel minor tempo possibile. La ricerca
scientifica ha dimostrato che nel cambiare i sentimenti che proviamo su ciò
che ci è accaduto in passato, modifichiamo la nostra chimica corporea nel
presente. Vivere in un universo in cui i sentimenti che proviamo per noi stessi
si riflettono nel mondo circostante rende più importante che mai sia saper
riconoscere cosa ci comunicano i nostri rapporti, sia imparare a leggere i
messaggi della Matrix Divina.
IL SECONDO SPECCHIO: RIFLESSI DI CIÒ CHE GIUDICHIAMO NEL
PRESENTE
«Sappiate cosa vi sta davanti agli occhi, e quello che vi è nascosto vi sarà
rivelato»3. – Il Vangelo di Tommaso
Negli anni ’70, uno dei miei maestri di arti marziali mi rivelò il segreto di come
si leggono gli opponenti: «In una gara ogni persona rappresenta uno specchio
che ti riflette, il tuo opponente ti mostrerà chi sei nel presente. Osservando il modo in cui ti si avvicina, stai vedendo come reagisce al modo in cui ti
percepisce». Per tutta la vita ho tenuto a mente le parole del mio maestro e le
ho spesso soppesate. Più tardi iniziai ad applicare quello che aveva detto sulle
competizioni ambientate nel dojo al modo in cui le persone si comportano
nella vita. Nel 1992 mi trovai impegolato in un’esperienza in cui questo
specchio non aveva alcun senso… Fu allora che scoprii la sottigliezza del
secondo specchio dei rapporti umani.
Nell’autunno di quell’anno, in breve tempo conobbi tre nuove persone che
entrarono a far parte della mia vita. Attraverso di loro avrei sperimentato tre
dei più potenti – e dolorosi – rapporti umani della mia vita adulta. Sebbene
all’epoca non me ne rendessi conto, quelle tre persone sarebbero diventate
grandi maestri di vita per me, con modalità inimmaginabili e di cui non le avrei
mai credute capaci.
Tutte e tre mi impartirono la singola lezione che avrebbe fatto in modo che la
mia vita non sarebbe stata mai più la stessa. Nonostante ciascuno di quei
rapporti mi stesse facendo da specchio proprio nel momento giusto,
inizialmente non riconobbi la lezione che mi stavano insegnando.
II primo rapporto era con una donna, approdata alla mia vita con obiettivi e
interessi talmente simili ai miei, da farci decidere di vivere e lavorare insieme.
Il secondo rapporto era una nuova relazione professionale che mi avrebbe
dato un prezioso apporto nell’organizzazione e gestione dei miei seminari in
tutto il paese. Il terzo rapporto contemplava un accordo di amicizia e di affari
fra me e un uomo che si sarebbe preso cura della mia proprietà durante i miei
viaggi di lavoro, in cambio di un posto dove stare in uno dei miei edifici
inutilizzati, in via di ristrutturazione.
Il fatto che quei rapporti mi fossero arrivati simultaneamente avrebbe dovuto
mettermi in guardia che si stava preparando qualcosa – e qualcosa di grosso.
Quasi immediatamente, tutti e tre iniziarono a mettere alla prova la mia
pazienza, assertività e risolutezza. Mi sentivo come se quelle persone mi
stessero facendo impazzire! C’erano discussioni e disaccordi continui con
ciascuno di loro. Poiché viaggiavo molto, avevo la tendenza a minimizzare le
tensioni e a evitare di cercare una soluzione. Mi ritrovai ad assumere un
atteggiamento del tipo “aspettiamo e vediamo che succede” finché non
tornavo dal mio viaggio successivo. A quel punto, le cose stavano
esattamente come le avevo lasciate e talvolta erano perfino peggiorate.
A quell’epoca, al mio arrivo all’aeroporto dopo aver svolto i miei seminari
seguivo una routine. Recuperavo il bagaglio, prelevavo dal bancomat i contanti sufficienti per fare benzina e pranzare e mi mettevo alla guida per
quattro o cinque ore, tornando verso casa. Durante un particolare viaggio,
però, accadde qualcosa che mi fece mettere a fuoco tutti quei rapporti. Dopo
essermi ripreso le valigie, andai allo sportello automatico per fare il solito
prelievo. Con mio grande orrore, la macchina stampò uno scontrino da cui
risultava che sul mio conto non c’erano neanche i soldi sufficienti per fare un
pieno da venti dollari!
Ero particolarmente sconvolto, poiché di recente mi ero accordato con
un’impresa edile per iniziare la ristrutturazione di un edificio centenario situato
sulla mia proprietà e costruito con la tipica tecnica dell’addobbo, e l’impresa
era appena stata pagata con assegni di quel conto. Lo sportello automatico mi
stava dicendo che sul mio conto non c’era più niente – neanche un centesimo –
per far fronte a tutti i miei obblighi finanziari oltre al mutuo, alle spese d’ufficio,
di viaggio e familiari. Sapevo che doveva trattarsi di un errore. Mi era
altrettanto chiaro che alle 17.30 di una domenica pomeriggio nel Nuovo
Messico non c’era molto da fare – tutto era chiuso fino al lunedì. Dopo aver
convinto l’inserviente del parcheggio a lungo termine che gli avrei pagato il
conto per posta, mi misi al volante dirigendomi verso casa e rimuginando
sull’accaduto.
Quando chiamai la banca la mattina seguente, ebbi una sorpresa ancora
peggiore. Non riuscivo a crederci, ma il saldo zero non era un errore; sul conto
non c’era davvero più niente. In effetti, c’era meno di niente – un prelievo non
autorizzato da parte della donna a cui avevo affidato i miei affari aveva
completamente prosciugato il mio conto. A causa delle penali che erano state
applicate a tutti gli assegni scoperti, mi ritrovai improvvisamente ad avere un
conto in rosso, con centinaia di dollari di spese da pagare.
Ero scioccato, incredulo. Le mie emozioni si trasformarono ben presto
dapprima in rabbia, poi in furore. Mi figuravo tutte le persone a cui avevo fatto
degli assegni che non avrei potuto coprire con dei fondi inesistenti. La
violazione di fiducia che avevo subito e la totale mancanza di considerazione
per me e per i miei impegni si era rivelata più dolorosa di quanto mi fossi
aspettato. Per peggiorare le cose più tardi, quello stesso giorno anche la mia società in affari raggiunse un punto incandescente. Quando aprii la posta e feci un
controllo su un resoconto economico relativo a dei seminari che avevo già
svolto, trovai delle discrepanze in alcune voci di spesa e mi dovetti mettere al
telefono per contestarle una per una al mio socio, per difendere la mia parte di
profitti.
C’È PIÙ DI UNO SPECCHIO
La mattina dopo, mi inoltrai lungo la strada sterrata che collegava la mia
proprietà con una grande montagna che domina la valle dietro casa mia.
Raccolto in preghiera, passavo attentamente sopra i solchi profondi e fangosi
e il pietrisco appuntito, invocando la saggezza necessaria per riconoscere lo
schema che mi si parava innanzi così aggressivamente, nonostante non
riuscissi a decifrarlo. Qual era il filo conduttore di quei tre rapporti?
Ricordandomi le parole del mio insegnante di arti marziali, mi domandai: Qual
è il riflesso comune che queste tre persone mi stanno mostrando con il loro
comportamento?
Immediatamente, un flusso di parole mi inondò la mente; talune erano così
veloci da dileguarsi, ma altre mi restavano bene impresse. Nei giro di pochi
secondi, quattro parole presero il sopravvento su tutte le altre: onestà,
integrità, verità sfiducia. Mi feci altre domande: Se queste persone mi stanno
rispecchiando ciò che io sono nel presente, stanno forse mostrandomi che sono
disonesto? Ho in qualche modo violato i principi di integrità, fiducia e verità nel
mio lavoro?
Mentre mi ponevo mentalmente le domande, un sentimento mi sali dal
profondo. Dentro di me una voce – la mia voce – stava gridando: No!
Naturalmente sono onesto! Naturalmente ho integrità! Naturalmente sono
veritiero e meritevole di fiducia! Queste cose sono proprio la base del lavoro che
condivido con gli altri. L’attimo dopo fui raggiunto da un altro sentimento — sfuggente dapprima, poi
sempre più forte e nitido, fino a diventare pienamente lampante e
comprensibile per me. In quel momento lo specchio si fece improvvisamente
cristallino: le tre persone che avevo così abilmente attratto nella mia vita non
mi stavano mostrando ciò che ero nel presente; ciascuno di loro mi stava
invece dimostrando un riflesso diverso e più sottile di cui nessuno mi aveva
mai parlato. Attraverso i nostri scontri di fatti di convinzioni e stili di vita diversi,
anziché mostrarmi ciò che ero, mi stavano mostrando le cose che giudicavo! Quelle persone facevano vedere le qualità che innescavano in me una grossa
a carica negativ- quelle stesse qualità che sentivo che essi avevano violato in
me.
In quel momento della mia vita, giudicavo fortemente il modo in cui le persone
gestivano la propria onestà e integrità. Molto probabilmente le mie cariche
negative si erano andate costruendo fin dall’infanzia. In un attimo, le mie
esperienze passate si chiarirono repentinamente. Mi ricordai immediatamente
di tutte le volte in cui quelle stesse qualità erano state violate nella mia vita:
storie d’amore del passato in cui la mia partner e io non eravamo stati sinceri
sulla presenza di altre persone nella nostra vita, promesse adulte fatte ma non
mantenute, amici ben intenzionati e mentori aziendali che avevano fatto
promesse che non avrebbero potuto mantenere nemmeno fra un milione di
anni… la lista era infinita.
I miei giudizi su queste problematiche si erano accumulati per anni a un livello
talmente infinitesimale, da non farmene neanche accorgere. Ora invece
stavano al centro di dinamiche che non potevo più ignorare! La magnitudine di
un conto in banca azzerato era la garanzia che io avrei dovuto comprendere il
messaggio di questi rapporti prima di poter procedere con la mia vita. Quello è
stato il giorno in cui appresi il sottile ma profondo mistero del secondo
specchio dei rapporti umani: lo specchio delle cose che io giudico nella vita.
SAPETE RICONOSCERE I VOSTRI SPECCHI?
Vi invito a passare in rassegna i rapporti che avete con le persone della vostra
cerchia più ravvicinata. Poi, riconoscete i tratti e le caratteristiche che vi
irritano profondamente e sembrano farvi impazzire. Fatto questo, ponetevi la
seguente domanda: Queste persone mi stanno mostrando me stesso nel
momento presente?
Può darsi che sia così. In tal caso, una sensazione “viscerale” ve lo
confermerà immediatamente. Ma se la risposta è no, forse quelle persone vi
stanno rivelando qualcosa di ancora più profondo dello specchio di chi voi
siete – forse vi stanno mostrando il riflesso delle cose che giudicate nella vita.
Il semplice fatto di riconoscere e di accettare l’esistenza di questo specchio
costituisce il primo passo della guarigione dai propri giudizi.
L’EFFETTO A CATENA NELLA GUARIGIONE
Il giorno dopo aver riconosciuto lo specchio dei miei giudizi, feci visita a un
amico che vive e lavora nel vicino pueblo di Taos. Questo sito, che
rappresenta una delle più antiche comunità indigene del Nord America, è
abitato ininterrottamente da almeno millecinquecento anni. Robert (è un
soprannome) aveva un negozio in città ed era un artista e artigiano
estremamente dotato. Il suo negozio era tappezzato di sculture, acchiappa-
sogni, musica e monili che avevano fatto parte delle sue tradizioni per
centinaia di anni, ancor prima che si potesse parlare di “America”.
Quando entrai stava lavorando a una scultura alta quasi due metri piazzata nel
corridoio dietro di lui. Ci salutammo, poi gli chiesi come stava la sua famiglia e
come andavano gli affari e per alcuni minuti chiacchierammo cordialmente. Poi
lui mi girò la domanda, chiedendomi come andavano cose per me. Gli
raccontai cosa mi era successo quella settimana, menzionando anche le tre
persone e il denaro mancante. Dopo aver ascoltato le mie vicende, rifletté un
momento e poi mi raccontò una storia.
«Il mio bisnonno», cominciò a dire, «andava a caccia di bufali nelle pianure del
Nuovo Messico settentrionale». Sapevo che doveva riferirsi a parecchio tempo
fa, perché per quanto ne sapessi erano anni che da quelle parti non si vedeva
un bufalo. «Prima di morire, mi consegnò il suo oggetto più prezioso: la testa
del primo bufalo che aveva catturato, quando era ancora un ragazzo». Robert
mi spiegò poi che quel trofeo era diventato un tesoro anche per lui. Dopo la
scomparsa del bisnonno, l’oggetto rappresentava una delle poche reliquie
tangibili che lo mantenevano in contatto con le sue radici.
Un giorno una gallerista era venuta a far visita a Robert dalla città vicina.
Vedendo quel meraviglioso trofeo, gli aveva chiesto il permesso di inserirlo in
una mostra nella sua galleria d’arte e lui aveva acconsentito. Dopo alcune
settimane, non avendo più notizie dell’amica Robert si era recato nella sua
città per andare a trovarla. Con sorpresa, quando giunse alla galleria la trovò
vuota. Le porte erano serrate, le finestre oscurate e il negozio era stato
dismesso. La gallerista era sparita, insieme alla testa di bufalo. Robert alzò lo
sguardo dalla sua statua quanto bastava affinché mi accorgessi che
quell’esperienza l’aveva ferito.
«Che cosa hai fatto?» gli chiesi. Mi aspettavo di sentire come aveva fatto per
rintracciare la gallerista e recuperare il suo prezioso oggetto.
Quando il suo sguardo incontrò il mio, la saggezza della sua risposta non si
perse nella sua semplicità: «Non ho fatto niente, perché lei porterà sempre il
peso di ciò che ha fatto». Quel giorno me ne andai dal pueblo di Taos pensando a quella storia e al significato che rivestiva anche per me.
Più tardi nel corso di quella settimana, cominciai a esplorare le opzioni legali
che mi si offrivano per recuperare almeno una parte del denaro trafugato dal
mio conto corrente. Ci volle poco per capire che, nonostante avessi in mano
delle carte favorevoli, stavo prendendo in considerazione una procedura
prolissa, protratta nel tempo e costosa. In base alla natura dell’incidente, avrei
dovuto aprire un caso penale, non civile. Da quel momento in poi sarebbe
passato completamente in mano ad altri e la responsabile, se fosse stata
condannata, avrebbe potuto essere messa in prigione. Tutto questo
prevedeva anche un prolungamento del rapporto emotivo con una persona
con cui sentivo di non avere più alcun legame.
Mentre valutavo le varie opzioni, ripensai ancora una volta alla conversazione
che avevo avuto col mio amico di Taos e alle lezioni che erano state imparate.
Non mi ci volle molto per raggiungere le conclusioni che mi parvero
immediatamente le più giuste: scelsi di non fare nulla. Quasi istantaneamente,
cominciò a succedere qualcosa di inaspettato – tutte e tre le persone che mi
rispecchiavano i miei giudizi cominciarono ad allontanarsi da me. Non ero più
arrabbiato con loro e avevo smesso di provare risentimento. Cominciai a
provare uno strano senso di “vuoto” verso di loro. Non feci alcuno sforzo
intenzionale per mandarle via. Una volta che io avevo ridefinito l’accaduto e
dato un significato alle varie esperienze per quello che erano, tenendo fuori il
giudizio che le aveva modellate in quella forma particolare, non rimaneva
semplicemente più nulla che trattenesse quelle persone nella mia vita.
Ciascuna cominciò semplicemente a scomparire dalle mie attività quotidiane.
A un tratto, ci furono meno telefonate e lettere da parte loro e via via sempre
meno pensieri che li riguardavano. I miei giudizi avevano fatto da calamita per
tenere al loro posto quei rapporti.
Sebbene quei nuovi sviluppi fossero interessanti, entro alcuni giorni cominciò
a succedere qualcosa di ancora più intrigante e perfino un po’ strano. Mi resi
conto che anche altre persone che frequentavo da tempo si stavano
allontanando. Anche in quel caso, non ci fu nessun tentativo cosciente di porre
fine a quei rapporti; sembrava semplicemente che non avessero più un
significato. L’unico caso in cui mi è capitato di parlare con una di queste
persone, mi ha dato la sensazione di una conversazione forzata e artificiosa.
Là dove prima c’era stato un terreno di scambio comune, ora restava solo
disagio.
Quasi subito, dopo aver notato i cambiamenti avvenuti in quei rapporti, mi resi
conto di un fenomeno nuovo per me. Ognuno dei rapporti interpersonali che spariva dalla mia esistenza era basato sullo stesso schema che ci aveva
originariamente portato le ultime tre persone… lo schema del giudizio. Oltre a
essere il magnete che aveva attirato verso di me quei rapporti, il giudizio
aveva rappresentato anche la colla che li teneva insieme. In assenza di
giudizio, la colla si era sciolta. Notai che quello aveva tutta l’apparenza di un
effetto a catena. Una volta riconosciuto lo schema in un punto – in uno di quei
rapporti – la sua eco era scomparsa anche a molti altri livelli della mia vita.
Gli specchi del giudizio sono sottili, elusivi, e forse non sempre avranno senso
per chiunque ne divenga consapevole. Quando i miei amici e familiari seppero
della mia decisione di “non fare niente” pensarono che stessi vivendo nel
diniego di ciò che mi era accaduto. «Lei ha preso i tuoi soldi!» mi dicevano.
«Ha violato la tua fiducia! Ti ha lasciato al verde!». A un certo livello le loro
osservazioni erano abbastanza vere – tutte quelle cose erano accadute
davvero. Avevo però la sensazione che se avessi seguito il solito modello
dell’occhio per occhio, dente per dente, mi sarei ritrovato dentro il circolo
vizioso di pensiero che alimenta proprio quel tipo di dinamiche. A un altro
livello, essendo semplicemente se stessa, ciascuna di quelle tre persone mi
aveva mostrato un aspetto di me che sarebbe divenuto il fulcro delle mie
future decisioni d’affari. Si era trattato di una vigorosa lezione nel
discernimento della fiducia.
Prima di allora, mi ero voluto convincere che la fiducia è un fatto binario. Cioè,
o ci fidiamo, o non ci fidiamo di qualcuno – e se ci fidiamo, la fiducia può
essere totale. Anche se non mi piaceva pensare che il mondo fosse diverso da
come lo volevo, quei tre rapporti mi avevano insegnato che esistono dei livelli
variabili di fiducia, che dobbiamo imparare a discernere negli altri. Spesso
diamo più responsabilità a una persona di quanta se ne possa assumere, o
diamo a qualcuno più fiducia di quanta quella persona ne abbia in se stessa. A me era capitato proprio questo.
Quando si riconosce la proiezione del proprio giudizio in un rapporto, si tratta
di una grande scoperta che andrà a riflettersi su ogni aspetto della propria vita.
Ringrazio le persone che mi hanno aiutato durante quella lezione. A quelli che
mi hanno invece mostrato la mia vulnerabilità, offro profondo rispetto e
gratitudine per aver sorretto impeccabilmente lo specchio davanti ai miei
occhi. Che splendida convalida del mistero del secondo specchio dei rapporti
umani!
(Nota: Nella storia che precede, ho fatto allusione al dissolvimento della carica
negativa del giudizio, senza descrivere specificamente come può svolgersi un
tale atto di pacificazione. Si parla diffusamente di questo argomento nel mio libro “La scienza perduta della preghiera” [N.d.T.; Macro Edizioni, 2006] in
termini di “Il Terzo Segreto: il rilascio del dolore attraverso la benedizione”. Per
riassumere questo potente strumento di trasformazione dei nostri giudizi
negativi, la benedizione è l’antico segreto che ci libera dalle sofferenze della
vita abbastanza a lungo da permetterci di sostituire al dolore un altro
sentimento. Quando benediciamo le cose o le persone che ci hanno feriti,
sospendiamo temporaneamente il ciclo del dolore. Sia che la pausa duri un
millesimo di secondo o un giorno intero, non fa differenza. Qualunque sia la
durata del gesto, quando benediciamo si spiana la strada per permettere
l’inizio della nostra guarigione e per farci voltare pagina nella vita. La chiave di
tutto sta nel fatto che per quel dato intervallo di tempo siamo messi al riparo
dal nostro dolore quanto basta per lasciar entrare qualcos’altro nel nostro
sentire e nella nostra mente: il potere della “bellezza”).
da “La Matrix Divina”