Metafora della Casa senza Padrone

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Immaginiamo una grande casa dove il padrone non è presente. All’interno si trovano molti servi, il cui lavoro però non viene coordinato da nessuno E’ una casa dove la servitù fa quello che vuole. Arriva il panettiere a consegnare la fornitura di pane, ma apre la porta lo stalliere che fa mettere il pane nella stalla. Arriva l’idraulico che deve riparare le tubature del bagno, ma apre la porta il cuoco che lo fa accomodare in cucina. La mancanza di coordinamento fa sì che a determinati stimoli esterni non risponda mai chi di dovere.

Accade la stessa cosa nell’essere umano. Ci presentiamo a un esame universitario, ma invece che entrare in azione solo il centro intellettuale, si intromette anche quello emotivo con il suo carico di ansia, paura e imbarazzo, il che rende molto più difficile, se non impossibile, il superamento della prova. A un incontro galante con una bella donna o un bell’uomo, entra in azione il centro intellettuale anziché il Cuore, il che ci rende logorroici e poco attraenti. Nel bel mezzo di ujn rapporto sessuale a un dato momento il centro intellettuale prende il sopravvento con i suoi dubbi e le sue aspettative… secondo voi quale può essere la conseguenza?

Le cose all’interno dell’abitazione vanno così male che alcuni servitori un bel giorno decidono di eleggere un maggiordomo. Questi servitori sono gli io del Lavoro, cioè quegli io – quelle parti di noi – che a un certo punto sentono il bisogno di cambiare la situazione e ci costringono a intraprendere un Lavoro su noi stessi (…)

Il maggiordomo inizia a osservare, a seguire passo, passo i vari servi per capire cosa effettivamente sta succedendo nella casa. Egli deve imparare a conoscere la casa. Il solo fatto che un maggiordomo li osservi, va già a modificare il comportamento dei servitori. L’osservatore modifica l’oggetto osservato. Non giudica, non parla, non interferisce in alcun modo, ma la presenza costante di questo silenzioso testimone, giorno dopo giorno, quasi magicamente comincia a mettere a posto le cose e prepara l’arrivo del padrone di casa: l’anima.

L’Io osservatore, il “testimone” non è morale e non giudica in alcun modo gli atti dei vari io. Se stiamo giudicando è perché non stiamo guardando con il “testimone” ma con uno degli io, cioè con una parte della nostra personalità e questo può condurre a una pericolosa scissione interna della mente…. Il testimone è pura presenza, distaccata, priva di opinioni personali riguardo a ciò che fa la macchina e a ciò che fa il mondo intorno a lei.

L’Io osservatore non fa nulla per cambiare la situazione, ma si limita a osservare con distacco – senza farsi coinvolgere – ciò che accade nell’apparato psicofisico. Osserva la rabbia, la felicità, il disappunto, la frustrazione… sperimentate di volta in volta dalla macchina biologica, con la medesima imperturbabile obiettività. Se di fronte a una rissa la personalità vuole intervenire il “testimone” non glielo impedisce, se la personalità vuole restare passiva il “testimone” non glielo impedisce. Guarda e basta.

Tratto da “Risveglio” di Salvatore Brizzi